Era il 1943 quando Giuseppe Pucino all'età di 22 anni viene catturato dai tedeschi, definito IMI internato militare Italiano, e portato nel campo di concentramento in Germania. Giuseppe trascorre 5 anni della sua vita tra la guerra e il campo di concentramento fino a quando non ritorna a Montecalvo. Giuseppe è uno degli ultimi ancora in vita a poter raccontare le atrocità dell'Olocausto. A 99 anni, Giuseppe è stato insignito, da parte del Prefetto di Avellino Maria Tirone, della medaglia d’onore concessa dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a quei cittadini irpini deportati e internati nei lager nazisti e destinati al lavoro coatto per l’economia di guerra. La testimonianza di Giuseppe è preziosa, i suoi occhi rivivono come se fosse oggi l’olocausto, gli occhi di un uomo segnati da quegli avvenimenti custodiscono il ricordo doloroso che lega il passato al presente, 

l’umanità vive ancora i suoi drammi, cambiano forma, possiamo solo ricordare il male da scongiurare. IL PREFETTO. Nell’accogliente ed affollato auditorium del Conservatorio Statale di Musica “Domenico Cimarosa” era presente il Signor Giuseppe Pucino, da Montecalvo Irpino di 98 anni, cui la platea ha tributato un commosso e riconoscente applauso, nel momento in cui ha ricevuto la medaglia. Dopo l’Inno patrio – in una suggestiva e riflessiva versione per canto tenorile e pianoforte – il Prefetto di Avellino, Maria Tirone, nel saluto introduttivo ha sottolineato «il legame ineludibile tra i due tipi di onorificenze a consegnarsi, la cui motivazione, il cui valore e la cui testimonianza hanno comune fondamento nella dignità del lavoro, nel sacrificio offerto – in pace, come in guerra – da meritevoli cittadini alla Repubblica e nell’impegno a servire solidaristicamente la comunità nazionale». In questi senso, «gli insigniti sono modelli di rettitudine e responsabilità, il cui esempio ed il costante impegno profuso nella loro vita civile diventano – come ebbe a metaforizzare Calamandrei – combustibile per l’attuazione del progetto democratico costituzionale italiano», ha proseguito il Prefetto. «I diritti democratici affondano le radici nella sofferenza, che sia una guerra o la fatica del lavoro, ed è pertanto necessario che ciò sia costantemente rammentato alla comunità, rendendo onore all’impegno di coloro che hanno saputo innalzare la dignità civile personale a giovamento e lustro per la nostra Repubblica».

fonte della foto:Nuova Irpinia

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